giovedì 7 settembre 2017

Tarte Tatin alle prugne

Ingredienti

Per la frolla
200 gr di farina
80 gr di burro
1 uovo
scorza grattata di 1 limone
2 cucchiai di zucchero

Per il ripieno
500 gr di prugne viola
60 gr di zucchero + 2 cucchiai 
40 gr di burro
1 cucchiaio di succo di limone
scorza grattata di 1 limone
1/2 baccello di vaniglia (i semini)
zucchero a velo

Preparazione
Ridurre in dadolata il burro e sbriciolarlo finemente con le dita insieme alla farina.
Fare una fontana e aggiungere gli altri ingredienti.
Dare forma a un panetto liscio e omogeneo, coprirlo con la pellicola e lasciarlo riposare in frigorifero per almeno mezz'ora.

Intanto lavare le prugne ed eliminare il nocciolo. Tagliarle in quattro spicchi e metterle in una ciotola con i due cucchiai di zucchero, i semini della bacca di vaniglia, il cucchiaio di succo e la buccia grattata del limoneLasciare insaporire per un'ora.

Sciogliere il burro in una pentola a fuoco medio, aggiungere i 60 gr di zucchero e mescolare amalgamando il composto. 
Aggiungere quindi lo sciroppo che si è formato con le prugne e cuocere fino a quando il tutto non sia ben colorito (rosso scuro).


Imburrare e infarinare una teglia di circa 26 cm di diametro. Sistemarci dentro gli spicchi di prugna ben vicini tra loro e coprirli con lo sciroppo.
Stendere la pasta frolla e adagiarla sopra le prugne con i bordi ben ripiegati all'interno.
Cuocere a 180° per circa mezz'ora.
Sfornare e rigirare su un piatto da portata prima che si freddi il caramello e "incolli" tutto alla teglia.
Far freddare e servire con un'abbondante spolverata di zucchero a velo.

lunedì 4 settembre 2017

Pasta alla Magna Grecia

Con il nome di Magna Grecia si intende il complesso di colonie greche fondate nell'Italia meridionale e nella Sicilia orientale tra l'VIII e il VI sec. a.C. La colonizzazione greca interessò le regioni della Puglia, Basilicata, Calabria, Campania e Sicilia.
Le nuove poleis rappresentarono 
una opportunità di vita migliore per i Greci emigrati, e per la madrepatria furono fornitrici di materie prime, basi e sbocchi per il commercio verso tutta la Penisola italiana.
Si pensa che il termine "Magna Grecia" sia stato coniato dai Greci orientali che rimasero affascinati dalle bellezze e dalla ricchezza dei luoghi, o dagli stessi coloni che volevano in questo modo dichiarare l'indipendenza dalla madrepatria celebrando le loro terre.
Le città della Magna Grecia raggiunsero grande splendore e assunsero grande importanza per gli intellettuali elleni tra il V e il IV sec. a.C.: vi si recò in visita Platone e vi si stabilirono Pitagora, Erodoto e Senofane.
Come le poleis greche godevano di una loro indipendenza e autonomia, ma le lotte intestine e l'eterna rivalità, le porteranno, infine, ad un indebolimento che le renderà facile preda dei conquistatori romani.

E la pasta alla Magna Grecia porta con se i colori e i profumi del nostro sud.
Basilico, capperi, olive, acciughe... non sentite l'aroma!

Ingredienti

320 gr di vermicelli (o spaghetti non troppo piccoli)
2 peperoni (1 rosso e 1 giallo)
12 olive di Gaeta denocciolate
1 cucchiaio di capperi dissalati
5 acciughe sott'olio
2 spicchi di aglio
10 foglie di basilico grandi
Olio

Preparazione 
Per prima cosa la mattina (o meglio ancora il giorno prima) arrostire i due peperoni per circa 30/40 minuti in forno a 180°, girandoli a metà cottura. Quando sono piuttosto anneriti, tirarli fuori dal forno, metterli in una busta di carta pane e poi chiudere il tutto in una busta di plastica. Questo permetterà all'umidità di staccare la pelle dai peperoni che poi verrà via con facilità.
Aspettare che si intiepidiscano e quindi procedere a togliere i semini e la pelle. Passarli sotto un filino di acqua corrente per togliere tutti i residui. Scolare bene.

Usando le dita, spezzare le falde dei peperoni in filetti di 1 cm circa. Raccoglierli in una ciotolina e condirli con olio, un pizzico di sale, un aglio sbucciato e fatto in pezzi (non troppo piccoli, che alla fine vanno tolti) e 4 foglie di basilico spezzate con le dita (non con il coltello, perché le foglie tendono ad annerirsi).
Conservare fino al momento di condire la pasta, in frigorifero coperti da pellicola. Più tempo passa e più i peperoni faranno il loro gustosissimo sughetto. È per questo che suggerisco di farli il giorno prima.



Mentre l'acqua bolle e cuoce la pasta, in un'ampia padella far soffriggere in olio l'altro spicchio di aglio con le acciughe. Tritare con un coltello in maniera piuttosto grossolana sia i capperi che le olive e aggiungere nella padella. Far andare 2/3 minuti. Togliere l'aglio.
Quando la pasta è pronta scolarla e versarla nella padella. Saltare brevemente a fuoco vivace. Quindi versarla in un adeguato piatto da portata (meglio se scaldato un po') e a questo punto aggiungere i peperoni dopo aver tolto i pezzettoni di aglio. Mescolare e decorare con le altre foglie di basilico.

giovedì 15 giugno 2017

Burger di melanzane

Fino al VII secolo, la melanzana era sconosciuta nel nostro continente, dove fu portata dagli Arabi quando conquistarono la penisola Iberica. 
Anche gli Arabi però avevano scoperto la melanzana da un’altra parte, probabilmente in Persia.
All’inizio della sua storia in Occidente la melanzana non ebbe fortuna: gli arabi la chiamavano al badinjian, che suona come “uovo del diavolo”.
Si pensava che causasse malattie come isteria, epilessia e tisi, che peggiorasse l’umore e addirittura potesse cambiare il colore del viso rendendolo più scuro. 
L’agronomo Gabriel Alonso de Herrera nel 1513 arrivò a dire che “gli Arabi la portarono in Europa per uccidere con essa i Cristiani”. In Italia viene chiamata melanzana, dal latino mela insana, frutto non sano. 
Durante il Medioevo viene coltivata nell'Europa meridionale e viene consumata soprattutto da Arabi e Ebrei, che infatti sono i primi a specializzarsi nei piatti a base di melanzane.

Nessun effetto collaterale è realmente imputabile al consumo di melanzane. Sono piuttosto riconosciute le proprietà depurative, l’alto contenuto di acqua e fibre e il basso indice glicemico. Inoltre agisce contro i radicali liberi, combattendo l’invecchiamento e le malattie cardiovascolari.

Ingredienti
1 kg di melanzane
2 fette di pancarrè
2/3 cucchiai di pangrattato
1 aglio
7/8 foglie di basilico
3 cucchiai di pecorino grattato

Preparazione
Avvolgere le melanzane nell'alluminio e metterle nel forno già caldo a 220° (ventilato) per un'ora, girandole a metà cottura. Farle raffreddare. Quindi aprirle e con un cucchiaio raccogliere la polpa in una ciotola. Buttare la buccia.

Nel mixer mettere il pancarrè, il pangrattato, il pecorino, l'aglio e le foglie di basilico e far andare per due/tre minuti fino a macinare bene il tutto.

Prendere la polpa di melanzane e metterla in un tovagliolo pulito. Chiudere bene i lembi e strizzare energicamente per tirare fuori più acqua possibile.

Aggiungere il contenuto del mixer alla polpa di melanzana. Mescolare bene. Se il composto risultasse ancora troppo morbido aggiungere un paio di cucchiai di pangrattato.


Dividere il composto in otto parti e versarlo, aiutandosi con un cucchiaio, in un coppapasta di circa 8 cm di diametro. Schiacciare bene per compattare e dare forma circolare al burger.

Usare la carta da forno come base e per separare un burger dall'altro. 


Ungere con poco olio il fondo di una padella piatta (per crêpes), sistemare i burger e lasciare cuocere pochi minuti a fuoco medio.  Rigirarli facendo attenzione a non romperli, perché sono piuttosto delicati. 

Servirli con insalata e pomodori o in alternativa preparare dei veloci panini allo yogurt e farcirli con i burger di melanzane e una fetta di pomodoro.

Panini allo yogurt in padella

Ingredienti
200 gr di farina di farro 0
150 gr di farina di farro integrale
2 cucchiai di olio
1 pizzico di sale
250 gr di yogurt
1 bustina di lievito istantaneo per pizza

Preparazione
In un'ampia ciotola mescolare lo yogurt con l'olio e il sale. 
Cominciare ad incorporare la farina poco per volta mescolando con una forchetta.
A metà della farina aggiungere anche il lievito. Continuare fino ad incorporare tutta la farina.

Trasferire su una spianatoia e lavorare con le mani, fino ad ottenere un panetto liscio e poco appiccicoso. Se serve aggiungere poca farina.


Stendere il panetto con il mattarello fino ad uno spessore di circa 4 mm. Usando un coppapasta di 8 cm ritagliare dei dischetti su tutta la superficie. 
Raccogliere i ritagli, rimpastare e formare altri dischi fino ad esaurimento dell'impasto. Con queste dosi si realizzano circa 20 panini.
Ungere con un velo di olio una padella piatta (da crêpes) e distribuirci sopra i panini.
Far cuocere per circa 10 minuti a fiamma medio/bassa rigirandoli a metà cottura.
Tagliateli a metà e imbottiteli a piacere. Io li ho riempiti con i burger di melanzane!

domenica 14 maggio 2017

Spaghetti al profumo di alloro

Secondo il mito, la pianta di alloro fece la propria comparsa sulla terra a causa di un amore non corrisposto. Apollo, il dio greco del sole, si innamorò alla follia di una delle Naiadi, la bellissima Dafne ninfa dei corsi d'acqua dolce.
Apollo e Dafne, Bernini, 
Galleria Borghese, 
Roma. Particolare: 
Dafne comincia 
la sua trasformazione 
in alloro.
Un giorno scorta la fanciulla lungo le pendici del monte Parnaso, Apollo cercò di attirarla a se. Questa si diede alla fuga e Apollo la inseguì; nel momento in cui il dio stava per raggiungerla Dafne invocò l’aiuto di Gea (la dea della terra) che la trasformò in un albero di alloro.
Apollo, innamorato, si sedette sotto l'albero, strappò qualche rametto dall’arbusto e ne fece una corona che posò sulla testa.
La pianta da allora divenne sacra ad Apollo e le fronde vennero usate per incoronare le teste dei poeti, degli eroi, dei vincitori.
L’alloro è un albero sempreverde che cresce spontaneo; appartiene alla famiglia delle Lauracee e può raggiungere altezze comprese fra 2 e 8 metri. È dotato di foglie lanceolate, coriacee, che si possono raccogliere durante tutto l’anno. Tra marzo e aprile fanno la loro comparsa piccoli fiori di colore bianco o giallastro. Tra ottobre e novembre sugli alberi femminili compaiono i frutti, piccole drupe di colore scuro simili a olive.

Profumatissimo alloro! Si presta, oltre che a coronare le teste dei laureati, per accompagnare le carni, i ragù e gli arrosti. In questa ricetta si sposa benissimo con la pancetta. 
Ricetta facile e velocissima (il tempo di cuocere la pasta!), senza nulla togliere al gusto!

Ingredienti
320 gr di spaghetti
1 grossa cipolla rossa
1 scalogno
4-5 grandi foglie di alloro 
2 sottili fette di pancetta
Abbondante parmigiano grattato

Preparazione
Mettere a bollire l'acqua per la pasta. Intanto in un'ampia padella far soffriggere con poco olio la cipolla e lo scalogno affettati sottilmente e le fette di pancetta tagliate in piccoli pezzi. Aggiungere subito le foglie di alloro e far cuocere a fuoco basso, girando spesso e facendo attenzione a non bruciare cipolla e scalogno.
Dal momento in cui si butta la pasta nella pentola dell'acqua bollente, usarne un po' per allungare il condimento nella padella.

Scolare la pasta conservando l'acqua. Versare gli spaghetti nella padella, alzare la fiamma a fuoco vivace e far mantecare girando bene. Se serve aggiungere un po' di acqua di cottura.

Mettere nei piatti e spolverare con abbondante parmigiano.

mercoledì 3 maggio 2017

Succo di sambuco

Si tratta di una bevanda dissetante e di gradevole sapore che ha anche l'innegabile vantaggio di essere molto salutare. In questo periodo dell'anno i fiori si trovano facilmente. Per la raccolta prediligere zone lontane da smog e inquinamento. Limitare di boschi o grandi ville urbane ad esempio.

Il Sambucus nigra (Sambuco) è una pianta utilizzata in fitoterapia per diversi usi.
Le sue principali proprietà terapeutiche sono: diuretica, antinevralgica, emolliente, lassativa o purgante, emetica, antireumatica, debolmente antinfiammatoria, stimolante la secrezione bronchiale, depurativa.

Utile quindi per infezioni delle vie respiratori, tosse, faringiti, bronchiti, riniti, stitichezza o stipsi, infezioni o infiammazioni delle vie urogenitali, cistiti, uretriti, edemi da ritenzione, dermatosi, nevralgie, necessità di depurare l’organismo.
Non si consumano né le foglie né i semi in quanto altamente velenosi per la presenza di sambunigrina, un glicoside tossico.

In molti paesi e culture, soprattutto celtiche e nordiche, esso era considerato una delle maggiori rappresentazioni della Grande Madre perché si diceva che il suo divino potere femminile scorresse nelle dure vene legnose della pianta, e la rendesse quasi un essere animato che incuteva non poco timore.
Si credeva che l’albero non fosse realmente un albero, ma una strega trasformata in albero, o un qualche simile essere inquietante e pericoloso.
Per questo il sambuco era associato all’oscurità, alla magia, alla divinazione, ma anche al viaggio verso le profondità della terra e, in particolar modo, alla morte.
Ma il sambuco non era considerato solo una porta verso la morte, ma era anche simbolo di rigenerazione e nutrimento, dato che ogni sua parte recava aiuto all’uomo contro malesseri e malattie, e le sue bacche erano fonte di cibo per gli antichi.

Fra i Germani era chiamato Holunder, che significa albero di Holda. Holda era una fata raffigurata come una giovane donna dai lunghi capelli d’oro: abitava nei sambuchi che si trovavano nei pressi delle acque di fiumi e laghi.

I contadini tedeschi rispettavano a tal punto il sambuco che, incontrandolo per i campi, si levavano il cappello. Non osavano sradicarlo e, se volevano tagliarne un ramo, si inginocchiavano davanti alla pianta con le mani giunte pregando Frau Holda di dare loro un poco del suo legno.
Sempre nelle leggende germaniche il flauto magico era un ramoscello di sambuco svuotato del midollo e i suoni che se ne traevano proteggevano dai sortilegi, come testimonia l’opera di Mozart Il Flauto Magico.
Intorno alle fortezze e ai monasteri si piantavano sambuchi per proteggere case, orti, bestiame e abitanti da serpi, mali e malie, abitudine presente anche in Bretagna, Russia e Danimarca, dove erano considerati protettori della famiglia.

In Svezia, le donne incinte li baciavano per avere una buona gravidanza.
 Si diceva anche che i ferri di cavallo, strofinati con le sue foglie, non arrugginissero.

E dopo questa passeggiata tra miti e leggende parliamo della ricetta. Per prima cosa usare fiori ben maturi; riconoscibili perché più tendenti al giallo che al bianco. Non devono essere presenti i pallini verdi che sono fiori non ancora sbocciati.
Per i limoni preferirli biologici o non trattati in superficie. E chi non ama troppo lo zucchero può sostituirlo con il miele.

Ingredienti
12 grandi fiori maturi
3 litri d'acqua
2 limoni
500 gr di zucchero

Preparazione
In un recipiente grande mettere i fiori privi di gambo e rametti, lo zucchero, il succo e la scorza dei limoni (senza la parte bianca che è amara) e acqua fino a coprire gli ingredienti. Coprire con la pellicola e far riposare per un giorno in frigorifero. Ogni tanto dare una girata per far sciogliere bene lo zucchero.
Il giorno successivo aggiungere il resto dell'acqua. Ricoprire e riposare in frigorifero.
Dopo  tre o quattro giorni (girare ogni tanto fino a completo scioglimento dello zucchero) filtrare e la bevanda è pronta da bere liscia, diluita con altra acqua o accompagnata da cubetti di ghiaccio.

Continuare a conservare in frigorifero o comunque in posto fresco e lontano dalla luce.

lunedì 1 maggio 2017

Torta pasqualina

Pasqua è passata, ma per i carciofi è ancora stagione piena. Ottima torta, piatto unico che fa contenti anche i più piccini che magari storcono il naso davanti ai carciofi. Ma qui sono ben mimetizzati e assai gustosi!

Carciofo dall'arabo al-kharshuf che significa pianta spinosa...  Se volete saperne di più e conoscere un bel mito sui carciofi vi rimando a quest'altra ricetta.


Ingredienti
2 rotoli di pasta sfoglia 
10 carciofi 
succo di 1 limone 
3 cucchiai di parmigiano 
2 scalogni
1/2 bicchiere di vino bianco secco
prezzemolo tritato 
9 uova
100 gr di ricotta 
olio
noce moscata 
sale


Preparazione
Pulire i carciofi, farli a metà e togliere (se c'è) la barbetta. Metterli in ammollo in acqua acidulata con il succo di limone. 
Scolarli, affettarli sottilmente e rosolarli con gli scalogni tritati in una padella con un poco di olio. 
Far rosolare un paio di minuti quindi aggiungere il vino. Salare e cuocere con il coperchio per circa 20 minuti a fiamma medio/bassa. 
A fine cottura aggiungere un poco di prezzemolo tritato.

In una ciotola capiente, battere 3 uova e amalgamarvi i carciofi fatti freddare bene. 
Aggiungere la ricotta schiacciata, il parmigiano e un po’ di noce moscata grattata.

In una tortiera di circa 28 centimetri, foderata di carta da forno, stendere un disco di pasta sfoglia.
Adagiarci sopra il composto. Quindi usando il dorso di un cucchiaio praticare 6 fossette ben distanziate e versarci dentro, aprendole, 6 uova (senza il guscio, quindi!).  Mettere un pizzico di sale (poco) su ogni uovo.

Ricoprire con il secondo rotolo di pasta sfoglia. Chiudere bene i bordi, bucare la superficie con i rebbi di una forchetta e infornare a 200° per 30’ o fino a quando sarà ben dorata. Servire tiepida.