lunedì 5 dicembre 2016

Lasagne ricotta e noci

Queste lasagne sono una ricetta decisamente facile. Delicate e raffinate, sono un piatto di sicura riuscita.
Condizione necessaria, come sempre, è la qualità dei prodotti usati. La ricotta di pecora del caseificio De Juliis, fornitore del Gas di cui faccio parte, è assolutamente imbattibile. E lo stesso dicasi delle ottime noci della signora Grimaldi Motta.

Ingredienti
140 gr di  noci sgusciate
350 gr di ricotta di pecora
100 gr di parmigiano grattugiato
50 gr di burro
250 ml di latte
1 spicchio di aglio
sale un pizzico
lasagne fresche

Preparazione

Frullare insieme le noci,  la ricotta, il burro (lasciarne una noce per imburrare la teglia), l'aglio, il pizzico di sale e un po' del latte per aiutare ad amalgamare.
Mescolare poi con il resto del latte; il composto dovrà risultare cremoso ma non troppo liquido.

Imburrare la teglia (circa 20x30 cm) e stendere il primo strato di lasagne. Coprire con un po' di composto di ricotta e noci e spolverare con un po' di parmigiano.
Continuare a disporre gli strati alternando le lasagne e la ricotta. 
Terminare con la ricotta e spolverare sopra abbondante parmigiano.

Cuocere in forno caldo a 180° per circa 20 minuti. Lasciare intiepidire prima di servire.

Si può decidere di usare le lasagne secche, avendo l'accortezza di sbollentarle qualche minuto prima di comporle. In questo caso anche il composto di ricotta dovrà essere leggermente più fluido, per permettere la cottura ottimale delle lasagne.

domenica 20 novembre 2016

Riso (integrale) viola

Il cavolo appartiene alla famiglia delle crucifere, varietà Brassica oleracea.  Era considerato sacro dai Greci; i Romani invece utilizzavano questo tipo di verdura fresca per curare le più svariate malattie.
Notizie certe danno il cavolo coltivato in Spagna dagli arabi, che lo introdussero dalla Siria attorno al XII secolo.
Il cavolo si dimostrò risolutivo per i tanti navigatori che passavano intere settimane per mare. Infatti è grazie al cavolo che si riusciva a contrastare lo scorbuto, una malattia causata dalla carenza di Vitamina C.
Dalle virtù del cavolo il capitano Cook fa dipendere la salute del suo equipaggio: per tre anni di navigazione in tutte le latitudini non perse infatti nessuno dei suoi 118 uomini, in quanto faceva mangiare loro cavoli cotti o crudi.
La parte edibile di queste piante è rappresentata dalle inflorescenze (dette anche rosette).
Grazie al perfetto equilibrio dei suoi componenti il cavolo esercita un'azione benefica su tutto l'organismo. 
Questo ortaggio fresco è molto ricco in acqua, che costituisce più del 90% della sua composizione. Contiene principi attivi anticancro, antibatterici, antinfiammatori, antiossidanti e antiscorbuto. 
In generale il cavolo è una verdura fresca utile per tanti aspetti: depurativa, rimineralizzante e favorisce la rigenerazione dei tessuti.

In questa ricetta per ridurre i tempi di cottura del riso integrale ho usato la pentola a pressione.

Ingredienti
500 gr cavolo viola

320 gr di riso
1 spicchio di aglio 
3/4 litro di brodo vegetale 
1 noce di burro 
Olio 
Parmigiano grattato


Preparazione
Lavare, scolare e affettare sottilmente il cavolo viola dopo avere tolto il torsolo centrale. 

Soffriggere l’aglio nella pentola a pressione con l’olio. 
Aggiungere il cavolo nella pentola e fare andare a fuoco medio alto per qualche minuto girando con un cucchiaio di legno. Versare anche il riso e continuare per un paio di minuti per farlo leggermente tostare.
Versare il brodo vegetale caldo e chiudere la pentola a pressione. Alzare la fiamma al massimo.

Quando comincia a fischiare forte abbassare leggermente il fuoco. 
La pentola deve fischiare continuativamente ma non troppo forte.
Questo è un punto delicato. Perché se fischia troppo forte si rischia di bruciare il riso, ma se fischia troppo piano quando apriremo la pentola, il riso sarà troppo brodoso.
Dopo 20 minuti dall'inizio del fischio far sfiatare e aprire la pentola. Assaggiare il riso.
Se ancora poco cotto e asciutto aggiungere un paio di bicchieri (non troppo pieni) di acqua bollente e far andare altri cinque minuti.

A cottura ultimata aggiungere la noce di burro e il parmigiano.

lunedì 24 ottobre 2016

Torta rustica con porri, robiola e patate

Il porro (Allium Porrum) è una pianta erbacea della stessa famiglia botanica di aglio e cipolla. Di questa specie non si è riusciti ad identificare la forma selvatica e, di conseguenza, non si hanno notizie certe sulla zona di origine. Alcuni studiosi ipotizzano un’origine celtica risalente a 3.000 anni a.C.
Questo ortaggio, coltivato anche dagli Egiziani, vanta un passato di tutto rispetto sia nella cucina che nella farmacopea greca e romana.
Plinio tesseva le lodi del porro affermando che “preso in una crema d’orzo, oppure mangiato crudo senza pane, un giorno si ed uno no, giova anche alla voce, al piacere sessuale ed al sonno”. Lo storico latino completava la sua analisi raccontando aneddoti singolari come quello dell’imperatore Nerone che, ogni mese in giorni stabiliti, mangiava solo porri conditi con olio per conservare una bella voce. 
I porri secondo la scienza ufficiale contengono buone dosi di potassio, fosforo, vitamine e fibre.
Questa torta l'ho pensata mentre guardavo il frigorifero in cerca di qualche verdura per la cena. Mi sono lasciata ispirare dalla vista dei porri e qualche ripiano sopra dalla robiola.
Mi sono ricordata di una ottima pizza che a volte faccio con porri e robiola, ma non mi andava di mettermi a preparare impasti complicati con lievitazione lunga, quindi ho optato per una rapida torta rustica.
Come copertura ho pensato alle patate che già si erano rivelate ottime nella torta con speck e fontinaE per la pasta ho usato la solita "pasta matta" che faccio spesso.

Ingredienti
Impasto per la base
300 gr di farina integrale di farro
1 tazzina da caffè di olio
2 tazzine da caffè di vino bianco
1 pizzico di sale

Ripieno
3 porri
100 gr di robiola
2 patate medio-grandi
rosmarino
olio
sale

Preparazione
Eliminare la parte verde dei porri e affettarli. Stufarli quindi in padella con un poco di olio. Quando saranno ben morbidi, chiudere e lasciare intiepidire.

Preparare l'impasto mescolando in una ciotola tutti gli ingredienti. Formare un bel panetto compatto e liscio e lasciare riposare in frigorifero per una mezz'ora.

Stendere l'impasto in una teglia da pizza di trenta centimetri di diametro creando un bordino abbastanza pronunciato e che andrà poi ripiegato sul ripieno.
Distribuire sulla base i porri e sopra i porri la robiola a fiocchetti.

Lavare, asciugare, sbucciare le patate e affettarle con una mandolina. Sistemare le fette di patate sulla torta sovrapponendole leggermente, cominciando dal centro e via via in cerchi fino ad arrivare al bordo. A questo punto ripiegare i bordi della pasta. 
Condire le patate in superficie con un filino d'olio e il rosmarino. Infornare a 180° per circa mezz'ora. Far intiepidire prima di servire.

martedì 27 settembre 2016

Panini di melanzane al forno

Ingredienti
Per 4 "panini"
1 melanzana molto grande lunga
(in caso di 2 melanzane più piccole, i panini diventeranno 8, 2 per ogni commensale)
4 fette di pancetta stesa affettata sottile
pane grattugiato
4 fettine non troppo spesse di fontina
olio d'oliva

Preparazione
Dopo aver tolto i due spicchietti esterni di buccia alla melanzana (per avere sempre la base della fetta piatta) tagliare a fette le melanzane per il senso della lunghezza, in modo da ricavarne 8 fette con spessore di un centimetro circa. Grigliarle. 

Intanto in un pentolino far tostare le fette di pancetta. Quando sono ben colorite e croccanti, spegnere e tenerle da parte. 
Stendere la carta da forno sulla leccarda e oliarlo leggermente.

Passare nel pan grattato solo una faccia delle fette di melanzane. Posarne quattro sulla leccarda con la parte passata nel pan grattato appoggiata sulla carta da forno.
Sulla fetta così sistemata mettere la fettina di fontina e adagiarci sopra la pancetta.
Quindi disporre sopra l'altra fetta con la parte passata nel pan grattato verso l'alto. Passare un filo d'olio sulle fette e infornare a 170° fino a che il formaggio non si fonda.
Far intiepidire un po' prima di servire.

venerdì 9 settembre 2016

Biscotti alle noci

Le noci rientrano a pieno titolo tra gli alimenti utili per tenere sotto controllo i livelli di colesterolo ed il rischio cardiovascolare, purché siano inserite nel contesto di una dieta equilibrata e di uno stile di vita sano. 

Le noci Pecan sono il frutto di una pianta dell'America del nord. 
Il termine Pecan è originario dei nativi americani e letteralmente significa "nocciola che richiede una pietra per essere rotta". 
L'albero Pecan è di grandi dimensioni; non sono rari gli esemplari che raggiungono i 40m di altezza per 2m di diametro al tronco. È una pianta particolarmente longeva che può vivere fino a 300 anni. 

Nei miti greci l’albero del noce è legato alla figura di Caria figlia di Dione, re della Laconia che aveva, oltre a Caria altre due figlie Orfe e Lico. 
Dioniso, Dio del vino e dell'estasi capitò in Laconia e fu ospite della casa di Dione. Il dio non seppe resistere al fascino della giovane Caria e se ne innamorò perdutamente, ricambiato. 
Le sorelle di Caria, gelose, presero a spiare il dio e a farne oggetto di pettegolezzi. Dioniso, spazientito, in un moto di rabbia le fece prima impazzire e poi, le tramutò in roccia. 
Caria, resasi conto della sorte toccata alle sorelle, morì per il dolore. Allora Dioniso, che tanto aveva amato la giovane, decise di rendere eterno il suo ricordo e la trasformò in un albero di noce. 

Ingredienti
200 g noci 
75 g noci pecan 
150 g zucchero di canna
1 uovo 
1 cucchiaino di lievito vanigliato

Preparazione
Frullare finemente in un robot da cucina le noci. Aggiungere il lievito e mescolare.
Battere a lungo lo zucchero con l'uovo fino ad avere un composto gonfio e spumoso. 
Usare rigorosamente lo zucchero di canna! Con quello raffinato, il composto verrebbe meno denso e questo renderebbe difficile (se non impossibile) la successiva lavorazione. 
Unire, quindi l'uovo e lo zucchero alle noci frullate. L'impasto risulterà un po' appiccicoso.

Quindi con un cucchiaino prelevare il composto e con le mani formare delle palline grandi più o meno come una noce. Posarle sulla leccarda foderata con la carta da forno.
Lasciare un po' di spazio tra un biscotto e l'altro, in quanto durante la cottura tenderanno ad allargarsi.

Adagiare sulla sommità un pezzettino di noce, dando una leggera spinta verso il basso per farlo incastrare bene nel biscotto.

Infornare a 170° (ventilato) per 12 minuti circa. Se non si è sicuri della cottura, con una spatola sollevare delicatamente un biscotto per verificarne il fondo. Se è bruno il biscotto è cotto.
Far freddare prima di consumare.

lunedì 30 maggio 2016

Torta fredda yogurt e Nutella

Descritto da Aristotele, Senofonte, Erodoto e Plinio, conosciuto da sempre presso le popolazioni orientali, lo yogurt ha origini antichissime.
È opinione comune che la sua origine risalga ad almeno 4000 anni fa.
La culla dello yogurt è localizzata nell’Europa orientale, da dove le popolazioni nomadi e i commercianti l’hanno poi introdotto in quella occidentale. L’origine caucasica dello yogurt si ritrova anche nella sua etimologia: in turco, infatti, il verbo yoğurmak, significa "impastare o mescolare".
Grazie agli intensi scambi commerciali e militari del bacino del Mediterraneo, lo yogurt si diffuse ben presto anche tra Fenici, Egizi, Sumeri, Greci e Romani. Il medico greco Galeno ne parla diffusamente in una sua opera, attribuendogli sicure capacità benefiche per il fegato e lo stomaco.
Anche il suo impiego in cucina risale ai tempi antichi. Nelle novelle de “Le Mille e una Notte” è presente come base per banchetti regali, mentre i primi libri arabi di ricette vedono la descrizione di diversi piatti a base di yogurt.
La storia moderna e scientifica dello yogurt inizia con la fine dell’ottocento, quando viene isolato il Lactobacillus Bulgaricus, responsabile del processo di fermentazione che permette la trasformazione del latte in yogurt.


Ingredienti
200 gr di Pavesini
80 gr di burro
250 gr di yogurt greco magro
250 gr di panna fresca liquida
70 gr di zucchero a velo
300 gr di Nutella

Preparazione
Tritare finemente nel mixer i biscotti (tutti tranne 4-5). Sciogliere il burro a bagnomaria o nel microonde.
Mescolare i due ingredienti in una ciotola e fare amalgamare molto bene.
Su una tortiera di circa 24 cm di diametro foderata con della carta da forno, stendere e pressare bene con le dita il composto fino a renderlo molto compatto e ben livellato.
Fare riposare in frigorifero almeno per una mezz'ora.

Sciogliere a bagnomaria la Nutella. Evitare di immergere direttamente nell'acqua il pentolino dov'è la Nutella, meglio tenerlo un po' sollevato.
Stendere la cioccolata così ammorbidita sulla base di biscotti e burro. Conservarne due tre cucchiaiate per le decorazioni finali.

Mettere lo yogurt greco in una ciotola.
Montare la panna molto bene con lo zucchero a velo. Unirla allo yogurt mescolando delicatamente con movimenti dal basso verso l'alto.
Versare il composto di panna e yogurt sopra lo strato di Nutella.

Sbriciolare i Pavesini rimasti e distribuirli sulla superficie della torta.
Completare con qualche riga di Nutella fatta colare con il cucchiaio sulla superficie della torta (e qui me ne è colata un po' troppa ahimè!)

Tiella barese

Questa ricetta me l'ha suggerita una amica del GAS, decantandomene la bontà e facendomi venire letteralmente l'acquolina in bocca.
Tornata a casa ho cercato in giro qualche lume e, come al solito, ho preso un po' quà un po' là e ho tirato fuori la mia interpretazione (piuttosto fedele all'originale barese).
Ed è talmente gustosa che ogni volta che prendo le cozze la faccio.
Consiglio di usare il riso parboiled perchè non scuoce e i chicchi restano ben separati, mentre la ricetta originale prevede l'uso di una tipologia di riso più "mantecante" (tipo Roma o Carnaroli). Dipende un po' dai gusti personali.

Ingredienti
600 gr di patate
300 gr di riso parboiled
1 kg di cozze
400 gr di cipolle
600 gr di pomodori pelati
1 mazzetto di prezzemolo
1 spicchio di aglio
olio

Preparazione
Pulire bene le cozze, togliendo la barbetta e poi grattandole bene con un coltello affilato o una paglietta di metallo.
Sciacquare bene e metterle in una padella capiente con il coperchio. Cuocere fino ad apertura delle valve.

Sbucciare e affettare con la mandolina le patate e le cipolle. Tagliare a pezzettoni i pelati.
Preparare il trito di aglio e prezzemolo.

Scolare le cozze, filtrare le loro acqua di cottura e conservarla. Privarle della metà del guscio dove non c'è il mollusco.


Ungere leggermente il fondo di una pirofila. Stendere la metà delle patate in uno strato sovrapponendole leggermente. Distribuire sopra la metà delle cipolle e poi la metà dei pomodori.
Spolverizzare con il trito di aglio e prezzemolo e completare con un giro di olio.

A questo punto disporre tutte le cozze una a fianco a l'altra con il mollusco verso l'alto. Se ne avanzassero, togliere il guscio e distribuirle insieme alle altre.


Coprire con il riso coprendo bene tutti gli spazi e riempiendo i gusci. Salare pochissimo.
Terminare stendendo le restanti cipolle, i pomodori e chiudere con le patate e un altro giro di olio.

Prendere il liquido di cottura delle cozze già filtrato e delicatamente farlo colare in un angolo della tiella. Probabilmente non basterà a coprire il riso (si può vedere inclinando leggermente la tiella) e quindi aggiungere un poco di acqua.

Informare a 200 gradi per 40 minuti, tenendo coperta la tiella con un foglio di alluminio per i primi 10 minuti. Poi scoprire e gli ultimi 10 minuti avvicinare alla parte alta del forno per far grigliare le patate. Prima di chiudere il forno controllare, sempre inclinando leggeremente la tiella, che non ci sia più acqua al suo interno. Altrimenti proseguire la cottura per qualche altro minuto magari riportando la tiella verso il basso per evitare di far bruciare le patate.

Prima di servire far riposare fuori dal forno per una decina di minuti.

giovedì 5 maggio 2016

Muffin alle fragole



La fragola è un frutto originario delle zone alpine. Il vero frutto sono i semini che vediamo sulla superficie, mentre la parte rossa è un’infiorescenza.

Secondo un’antica leggenda quando Marte scoprì che Venere era innamorata del giovane Adone si trasformò in toro e uccise il rivale. Le lacrime di Venere sul corpo insanguinato dell’innamorato diedero origine a piccoli frutti a forma di cuori rossi, le fragole.



Ingredienti 
(per circa 10/12 muffin) 
130 gr di farina 00 
14 fragole circa 
150 gr di zucchero a velo 
75 gr di latte intero 
75 gr di burro 
2 uova 
1 bustina di vanillina 
1/2 bustina di lievito per dolci 
1 pizzico di sale 
200 gr di panna 

Preparazione 
Tenere il burro a temperatura ambiente per un’oretta, per farlo ammorbidire bene. 
Setacciare la farina, il lievito, il sale e la vanillina insieme. 

In una ciotola battere molto bene, con la frusta elettrica il burro, aggiungere lo zucchero a velo e continuare a battere fino a far diventare il composto soffice e spumoso (almeno 5 minuti). 

Aggiungere le uova, amalgamandole bene una alla volta. 
Unire quindi la farina setacciata, anche questa un po’ alla volta. 
Poi aggiungere il latte. 

Fare a pezzetti (non troppo grandi) 10 fragole (conservare le altre 4 per la decorazione), passarle in un po’ di farina e unirle al composto. 
Amalgamare bene con una spatola. 


Distribuire il composto nei pirottini già sistemati nella teglia da muffin avendo l’accortezza di non riempirli troppo, per evitare fuoriuscite durante la lievitazione. 

Infornare nel forno caldo a 180° per circa 20/25 minuti. 
A cottura ultimata far raffreddare i muffin, quindi scartarli dal loro pirottino e decorarli con un ricciolo di panna e qualche pezzo di fragola.

lunedì 28 marzo 2016

Caponata di carciofi

Carciofo dall'arabo al-kharshuf che significa pianta spinosa, selvatica.
La mitologia racconta che Giove si invaghì della bellissima ninfa Cynara.
 Non essendo corrisposto, stufo e sconsolato, Giove, in un momento d’ira, trasformò Cynara in un carciofo verde e spinoso come il carattere dell’amata. 
Al pungente ortaggio restò il colore verde e violetto degli occhi della Ninfa e il cuore (il suo interno) tenero.
Il carciofo era apprezzato dagli antichi Romani e dai Greci. L'ortaggio che mangiavano i nostri avi, non è uguale a quello che troviamo oggi nelle nostre tavole. 
A quei tempi esisteva la specie selvatica, più dura, piccola e spinosa. 

Ma cos’è esattamente il carciofo?
Dal punto di vista botanico non è frutto, né fiore, ma è l’infiorescenza di una pianta alta circa un metro e mezzo, con lunghe foglie lanceolate e pendenti dal colore verde spento. Tagliato a metà si evidenziano all’interno le parti che lo costituiscono: i fiori ancora immaturi, così compatti che è difficile distinguerli, e che rappresentano la parte più tenera e buona, il “cuore” del carciofo. L’insieme dei fiori, è coronato dal “pappo”, un ciuffetto di peli bianchicci, che vengono definiti “fieno interno” o “barba” e che va asportato.
La terza parte, che racchiude le prime due, sono le “brattee”, cioè foglie modificate, sovrapposte una all’altra, di colore verde con sfumature violacee.
Nel linguaggio corrente vengono chiamate “foglie”. Sono molto dure, come del resto dice il nome che deriva dal latino bractea, ovvero lamina di metallo. Solo la base delle brattee più interne, è tenera e commestibile.
Commestibile è anche la parte del gambo, i 3-4 centimetri sotto il cuore, purché opportunamente pulita.
Se il carciofo non viene raccolto prima, dal suo centro si innalza un fiore violetto tenero, con sfumature lilla.
Questi fiorellini servivano per far cagliare il latte nella produzione di formaggio. E tutt'ora c'è chi ancora adopera questa antica pratica.
Ed ecco la ricetta.

Ingredienti
6 carciofi
2 coste di sedano
2 cucchiai di capperi salati
4 cipolle rosse di Tropea
75 gr. olive verdi denocciolate

75 gr. olive nere denocciolate
un pugnetto di prezzemolo fresco
4 cucchiai di salsa di pomodoro
olio extra vergine d'oliva
sale q.b.
2 tazzine da caffè d'aceto di mele (in alternativa anche l'aceto bianco va bene)
4 cucchiaini di zucchero

Preparazione
Pulire i carciofi togliendo le foglie esterne. Tagliarli a metà, togliere l'eventuale peluria e metterli in ammollo con acqua e limone.
Sbucciare e affettare le cipolle, farle appassire a fuoco basso con abbondante olio in una padella capiente. Mescolare spesso.
Dissalare i capperi in acqua tiepida e tenere da parte. Denocciolare le olive e mettere da parte.
Lavare i gambi di sedano, levare i filamenti e tagliare a pezzetti non troppo sottili.
Sbollentare il sedano in acqua leggermente salata fino a cottura (morbido, ma non troppo).
Preparare un soffritto di olio, aglio e prezzemolo tritato. Affettare e trifolare i carciofi nel soffritto a fuoco basso, sino a che saranno morbidi (aggiungendo poca acqua quando serve). Eliminare l'aglio.
In una tazza versare le tazzine da caffè di aceto di mele, lo zucchero e mescolare.
Nella padella con le cipolle già appassite, aggiungere il sedano, i capperi, la salsa di pomodoro, le olive e l'aceto con lo zucchero, aggiustare di sale (poco) e lasciare cuocere, a fuoco bassissimo, per un paio di minuti, mescolando.
Aggiungere i carciofi, mescolare molto delicatamente e cuocere, tutto insieme, per un altro paio di minuti.

Consumare fredda, meglio il giorno dopo.

martedì 15 marzo 2016

Torta Speck e Fontina

In questa ricetta si uniscono due regioni: la Valle d'Aosta e l'Alto Adige. L'accostamento dei due prodotti tipici è assolutamente da non perdere.
La fontina ha origini che risalirebbero al 1200, ma la prima testimonianza iconografica risale al XV secolo, in un affresco del Castello di Issogne, in Valle d'Aosta.
È un formaggio semiduro, grasso, a pasta semicotta, preparato con latte intero di mucca proveniente da una sola mungitura e munto da non oltre 2 ore.
Lo speck dell'Alto Adige è una specialità della salumeria sud-tirolese. Si tratta di un prosciutto crudo completamente disossato, lievemente affumicato. 
Il termine speck, in tedesco, significa "lardo". 
I primi documenti contenenti la parola speck risalgono al XVIII secolo, ma compare nei regolamenti dei macellai e nei registri contabili dei principi tirolesi già dal 1200.
Insomma entrambi prodotti antichi. Ma veniamo alla ricetta.

Ingredienti
2 patate non troppo grandi
150 gr di speck affettato
250 gr di fontina
1 rotolo di pasta sfoglia tonda
Rosmarino

Preparazione
Srotolare la sfoglia e disporla dentro una teglia di circa 24 cm. 
Affettare grossolanamente lo speck e disporlo sopra la sfoglia.
Ridurre in cubetti la fontina e distribuirla sopra la speck.
Sbucciare e affettare abbastanza finemente le patate con la mandolina.
Disporle a copertura della torta sovrapponendole leggermente l'una all'altra.
Distribuire abbondanti foglioline di rosmarino sopra le patate. Non avendo quello fresco ho usato quello secco. 

Arricciare leggermente i bordi della sfoglia e piegarli sulla torta.
Mettere in forno già caldo a 180° ventilato per una ventina di minuti circa, fino a doratura della sfoglia e dei bordini delle patate.

sabato 13 febbraio 2016

Pesto di pistacchi

Buoni i pistacchi. Meglio se italiani, meglio ancora se di Bronte (Catania).
Ma ecco qualche notizia in più.

La cittadina di Bronte si trova alle pendici occidentali dell’Etna. L’origine del suo nome è legata alla mitologia. La leggenda narra che il ciclope Bronte, che vuol dire tuono, ed i suoi amici Sterope e Piracmone, vennero condannati a lavorare nella fucina del dio Vulcano, dentro le viscere dell’Etna con il compito di fabbricare i fulmini per Giove.

La Sicilia è l'unica regione italiana dove si produce il pistacchio e la cittadina etnea, con oltre tremila ettari in coltura specializzata, ne è l'area di coltivazione principale (più dell'80% della superficie regionale).
L'“oro verde”, così è denominato il pistacchio verde di Bronte, rappresenta la principale risorsa economica del territorio.

Il pistacchio (Pistacia vera) è un albero originario del Medio Oriente, che può superare i dieci metri di altezza e i tre secoli d’età.
I contadini brontesi, sono riusciti ad impiantare alberi di pistacchio, là dove successive eruzioni hanno ricoperto il territorio di dura roccia lavica. In questo habitat, proibitivo per ogni altro tipo di vegetazione, si produce la migliore qualità di pistacchio presente sui mercati mondiali.
La pianta di pistacchio in contrasto con le dure condizioni nelle quali vive rimane sempre bella e rigogliosa anche quando durante la piena estate siciliana infieriscono il caldo e l’arsura.
I suoi frutti riuniti in grappoli rossi e gialli maturano sino ad ottobre e contengono i semi così ricercati, nutrienti e gustosi.

I pistacchi hanno una storia antichissima ed erano noti a Babilonesi, Assiri, Giordani e Greci.
Ricchi di sostanze antiossidanti, sono ottimi alleati per la salute degli occhi e per prevenire disturbi cardiovascolari.
I pistacchi sono molto energetici con un alto contenuto calorico (circa 600 calorie per 100 grammi),
Il contenuto lipidico è prevalentemente costituito da grassi “buoni”.
Prezioso anche l'apporto di sali minerali e vitamine.


Il pistacchio di Bronte è adatto per molte applicazioni gastronomiche che vanno dal dolce al salato. Non richiede tostatura, salatura od altri trattamenti: il pistacchio sgusciato è eccezionale così com’è.

Ed ecco la ricetta, con dosi per condire circa 320 gr di pasta. Io ho usato gli spaghetti, ma possono andar bene anche altri formati lunghi, ad esempio le trenette.

Ingredienti

100 gr di pistacchi sgusciati
50 ml d acqua
1/2 limone (scorza grattata)
20 gr di parmigiano grattato
1 spicchio di aglio
50 ml di olio

Preparazione 

Far bollire dell'acqua in un pentolino e buttarci dentro i pistacchi. Far andare per cinque minuti. Scolare, far intiepidire e togliere la pellicina ai pistacchi.
Mettere nel mixer i pistacchi, la scorza del mezzo limone, il parmigiano, l'aglio e l'olio.
Far andare per un minuto il mixer.
Aggiungere quindi anche l'acqua e far riandare il mixer finchè non si sia ottenuta una crema omogenea.
Scolare la pasta e condire con la cremina.
Se serve, conservare un po' di acqua di cottura della pasta per allungare la crema di pistacchi.

giovedì 4 febbraio 2016

Zuppa di cicerchie

La cicerchia è un legume piuttosto sconosciuto eppure assai saporito. Con il GAS ne ho comprate provenienti da Ustica, isola dove si producono delle ottime lenticchie che sono presidio Slow Food. Ma anche le cicerchie non sono da meno: una vera scoperta.

Qualche informazione
Cicerchia ovvero Lathyrus sativus L. Dal latino cicercula, forma diminutiva di cicer, cece.
Proviene dal Medio Oriente e nasce da una pianta erbacea molto simile a quella dei ceci.
È un legume antico (coltivato in Asia, Africa e Europa). Se ne trovano tracce già in Mesopotamia più di 8000 anni fa.
È particolarmente ricco di proteine e come gli altri legumi contiene vitamine del gruppo B. È anche fonte di calcio e fosforo.
Viene coltivato quasi sempre in terreni marginali con scarso livello di tecnica colturale ed è molto resistente alla siccità e alle basse temperature.
Nella cultura contadina si usava dileggiare una persona ritenuta eccessivamente di bocca buona, appellandolo come mangiatore di tolica, ossia di cicerchia.
Bisogna fare attenzione ad un consumo eccessivo: contiene la latirina, una sostanza tossica che ad alte dosi nel lungo periodo può causare il latirismo, una malattia che comporta problemi funzionali e paralisi agli arti inferiori. In passato il latirismo poteva essere una problematica diffusa, poiché si faceva largo uso di cicerchie, soprattutto nell’Ottocento. Oggi il consumo di cicerchie è limitato.
Per ridurne al minimo la tossicità vanno messe in ammollo 24 ore in acqua salata e tiepida, e risciacquate. Dopodiché, l’acqua di ammollo va gettata via e, per cuocerle, va usata acqua pulita non salata.
La cottura deve essere molto lunga (più di ceci e fagioli), fino a rendere le cicerchie tenerissime (2 ore circa).
Ma veniamo alla ricetta.

Ingredienti
1 cipolla bianca o gialla
3-4 pomodori pelati
2 grosse patate
1 spicchio di aglio
3/4 di litro di brodo vegetale 
1 rametto di rosmarino
3 foglie di salvia
200 gr di cicerchie secche
Olio e sale

Preparazione
Per preparare la zuppa di cicerchie iniziare mettendo in ammollo le cicerchie per almeno 24 ore in acqua preferibilmente salata e tiepida. Trascorso questo tempo scolare i legumi e sciacquarli.
Tritare la cipolla, poi tagliare a pezzetti i pomodori e a cubetti le patate.
In una pentola di coccio ben capiente, fare rosolare l'aglio a fuoco dolce con un filo di olio; quando sarà dorato, eliminarlo e aggiungere la cipolla. 
Cuocere per una decina di minuti a fuoco dolce e se necessario aggiungere un po' d'acqua per non far bruciare la cipolla.
Aggiungere quindi le patate, i pomodori  e le cicerchie. Versare anche un paio di mestoli di brodo. Mescolare bene. Cuocere il tutto per circa 1 ora a fuoco piuttosto basso con il coperchio, aggiungendo il brodo di tanto in tanto e mescolando ogni 10 minuti circa per evitare che il composto si attacchi al fondo.
Preparare il mazzetto aromatico legando insieme, con uno spago da cucina, il rosmarino e la salvia. Quindi passata l'ora, aggiungerlo alla zuppa, ricoprire con il coperchio e continuare la cottura per un’altra ora, a fuoco sempre piuttosto basso. Quando la zuppa di cicerchie sarà pronta, spegnere il fuoco ed eliminate il mazzetto aromatico. 
Servire la zuppa facendola intiepidire un poco e condendola con un filo di olio a crudo.

giovedì 21 gennaio 2016

Pere cotte al cioccolato

Ottimo e collaudato accoppiamento di cioccolato e pere, a cui questa ricetta aggiunge un tocco "grafico" di sicuro effetto.


Ingredienti

4 pere abate
100 gr di cioccolato fondente
1 arancia (il succo)
4 cucchiai di zucchero di canna1/2 litro di vino rosso
acqua q.b.


Preparazione

Incidere la base delle pere con un coltellino appuntito e delicatamente togliere i torsoli, facendo attenzione a non rompere i frutti.
Quindi incidere la buccia con tagli leggeri: quattro in verticale e uno in orizzontale più o meno al centro del frutto.

Togliere la buccia in alternanza per formare un disegno a scacchi.

In una pentola stretta e alta far scaldare il vino e scioglierci lo zucchero. Aggiungere il succo dell'arancia.

Adagiare le pere in verticale nella pentola. Aggiungere l'acqua fino a che non siano completamente coperte dal liquido.

Cuocere per circa 20/25 minuti abbassando la fiamma dopo il primo bollore.
Far intiepidire le pere, prelevarle delicatamente e adagiarle in un piatto. Togliere la buccia dove era rimasta.

Prima di portarle in tavola, sciogliere a bagnomaria il cioccolato e versarlo sulle pere.

domenica 3 gennaio 2016

Miele alle bacche di rosa canina

Le bacche di rosa canina sono molto utili per prevenire e contrastare i vari malanni invernali.
Questi falsi frutti rossi possono essere raccolti da ottobre a dicembre. La loro caratteristica principale è l’altissimo contenuto di vitamina C: 100 grammi di bacche ne contengono quanto un chilo di agrumi.
Gestire queste bacche non è esattamente semplice, ma il pensiero che si sta facendo una bella scorta di salute sprona ad andare avanti.
Normalmente faccio la marmellata (trovate la mia ricetta qui) con cui poi vengono delle crostate notevoli.
Ma quest'anno ho voluto cambiare e così curiosando su internet ho fatto un bricolage tra diversi utilizzi di queste bacche e il risultato non mi ha deluso.
Fondamentalmente volevo evitare di far cuocere troppo il composto come è doveroso per fare la marmellata, perché le alte temperature abbattono il contenuto di vitamina C.
L'alternativa era aprirle tutte una per una per togliere i semi, essiccarle e pestarle per poi usarle per fare infusi o da mescolare al miele. Molto intrigante... ma non ce l'ho fatta! Alla decima bacca ero già esaurita, ma magari qualcuno più volenteroso di me si potrà cimentare.
Ho mediato e ora ho una bella scorta di miele "arricchito" con cui dolcificare tè, tisane e latte caldo per curare malanni di stagione.

Ingredienti
Bacche di rosa canina
Acqua q.b.
Miele in proporzione 2 a 1 con la purea di bacche

Preparazione
Sciacquare le bacche e togliere i gambetti. Metterle in una pentola con fondo spesso e aggiungere acqua fino a coprirle. Far cuocere per 15 minuti circa dal bollore, devono essere piuttosto morbide.

Passare le bacche così cotte nel passa verdure a buchi medi. Se serve aiutarsi aggiungendo poca acqua calda. Questa operazione è piuttosto faticosa, fatevi aiutare da un volenteroso forzuto. 
Il passa verdure va pulito tra una passata e l'altra, altrimenti i semi ottureranno tutti i buchini. Preparatevi con un rotolo di carta da cucina vicino.
Dopo questa laboriosa operazione si otterrà una purea senza semi e bucce che però ha al suo interno ancora i peletti urticanti tipici di questo falso frutto. Vanno tolti.

Prendere un passino a maglie strette (strettissime) e aiutandosi con un pestello di legno, schiacciare la purea versandone una cucchiaiata alla volta. Vedrete che girando girando resterà attaccato al pestello un composto molto appiccicoso: sono i peletti urticanti. 
Anche qui usate della carta da cucina per pulire il pestello e procedete con le altre cucchiaiate.

Non nascondo che non è facile e io riesco a farlo perché ho un marito fantastico che si presta tutti gli anni per queste operazioni "canine".

A questo punto pesate quello che rimane dei vari passaggi e mescolatelo con il doppio di miele (ho usato quello di acacia).
Dopo diversi assaggi e mi è piaciuta questa proporzione, ma magari avendo gusti diversi potrebbe servire meno miele.

Ho usato subito il miele così ottenuto per cuocere al forno delle mele e delle pere a fette. Buonissime!