Il porro (Allium Porrum) è una pianta erbacea della stessa famiglia botanica di aglio e cipolla. Di questa specie non si è riusciti ad identificare la forma selvatica e, di conseguenza, non si hanno notizie certe sulla zona di origine. Alcuni studiosi ipotizzano un’origine celtica risalente a 3.000 anni a.C.
Questo ortaggio, coltivato anche dagli Egiziani, vanta un passato di tutto rispetto sia nella cucina che nella farmacopea greca e romana.
Plinio tesseva le lodi del porro affermando che “preso in una crema d’orzo, oppure mangiato crudo senza pane, un giorno si ed uno no, giova anche alla voce, al piacere sessuale ed al sonno”. Lo storico latino completava la sua analisi raccontando aneddoti singolari come quello dell’imperatore Nerone che, ogni mese in giorni stabiliti, mangiava solo porri conditi con olio per conservare una bella voce.
I porri secondo la scienza ufficiale contengono buone dosi di potassio, fosforo, vitamine e fibre.
Questa torta l'ho pensata mentre guardavo il frigorifero in cerca di qualche verdura per la cena. Mi sono lasciata ispirare dalla vista dei porri e qualche ripiano sopra dalla robiola.
Mi sono ricordata di una ottima pizza che a volte faccio con porri e robiola, ma non mi andava di mettermi a preparare impasti complicati con lievitazione lunga, quindi ho optato per una rapida torta rustica.
Come copertura ho pensato alle patate che già si erano rivelate ottime nella torta con speck e fontina. E per la pasta ho usato la solita "pasta matta" che faccio spesso.
Ingredienti
Impasto per la base
300 gr di farina integrale di farro
1 tazzina da caffè di olio
2 tazzine da caffè di vino bianco
1 pizzico di sale
Ripieno
3 porri
100 gr di robiola
2 patate medio-grandi
rosmarino
olio
sale
Preparazione
Eliminare la parte verde dei porri e affettarli. Stufarli quindi in padella con un poco di olio. Quando saranno ben morbidi, chiudere e lasciare intiepidire.
Preparare l'impasto mescolando in una ciotola tutti gli ingredienti. Formare un bel panetto compatto e liscio e lasciare riposare in frigorifero per una mezz'ora.
Stendere l'impasto in una teglia da pizza di trenta centimetri di diametro creando un bordino abbastanza pronunciato e che andrà poi ripiegato sul ripieno.
Distribuire sulla base i porri e sopra i porri la robiola a fiocchetti.
Lavare, asciugare, sbucciare le patate e affettarle con una mandolina. Sistemare le fette di patate sulla torta sovrapponendole leggermente, cominciando dal centro e via via in cerchi fino ad arrivare al bordo. A questo punto ripiegare i bordi della pasta.
Condire le patate in superficie con un filino d'olio e il rosmarino. Infornare a 180° per circa mezz'ora. Far intiepidire prima di servire.
lunedì 24 ottobre 2016
martedì 27 settembre 2016
Panini di melanzane al forno
Ingredienti
Per 4 "panini"
1 melanzana molto grande lunga
(in caso di 2 melanzane più piccole, i panini diventeranno 8, 2 per ogni commensale)
4 fette di pancetta stesa affettata sottile
pane grattugiato
4 fettine non troppo spesse di fontina
olio d'oliva
Preparazione
1 melanzana molto grande lunga
(in caso di 2 melanzane più piccole, i panini diventeranno 8, 2 per ogni commensale)
4 fette di pancetta stesa affettata sottile
pane grattugiato
4 fettine non troppo spesse di fontina
olio d'oliva

Dopo aver tolto i due spicchietti esterni di buccia alla melanzana (per avere sempre la base della fetta piatta) tagliare a fette le melanzane per il senso della lunghezza, in modo da ricavarne 8 fette con spessore di un centimetro circa. Grigliarle.
Intanto in un pentolino far tostare le fette di pancetta. Quando sono ben colorite e croccanti, spegnere e tenerle da parte.
Stendere la carta da forno sulla leccarda e oliarlo leggermente.
Stendere la carta da forno sulla leccarda e oliarlo leggermente.
Passare nel pan grattato solo una faccia delle fette di melanzane. Posarne quattro sulla leccarda con la parte passata nel pan grattato appoggiata sulla carta da forno.
Sulla fetta così sistemata mettere la fettina di fontina e adagiarci sopra la pancetta.
venerdì 9 settembre 2016
Biscotti alle noci
Le noci rientrano a pieno titolo tra gli alimenti utili per tenere sotto controllo i livelli di colesterolo ed il rischio cardiovascolare, purché siano inserite nel contesto di una dieta equilibrata e di uno stile di vita sano.
Le noci Pecan sono il frutto di una pianta dell'America del nord.
Il termine Pecan è originario dei nativi americani e letteralmente significa "nocciola che richiede una pietra per essere rotta".
L'albero Pecan è di grandi dimensioni; non sono rari gli esemplari che raggiungono i 40m di altezza per 2m di diametro al tronco. È una pianta particolarmente longeva che può vivere fino a 300 anni.
Nei miti greci l’albero del noce è legato alla figura di Caria figlia di Dione, re della Laconia che aveva, oltre a Caria altre due figlie Orfe e Lico.
Dioniso, Dio del vino e dell'estasi capitò in Laconia e fu ospite della casa di Dione. Il dio non seppe resistere al fascino della giovane Caria e se ne innamorò perdutamente, ricambiato.
Le sorelle di Caria, gelose, presero a spiare il dio e a farne oggetto di pettegolezzi. Dioniso, spazientito, in un moto di rabbia le fece prima impazzire e poi, le tramutò in roccia.
Caria, resasi conto della sorte toccata alle sorelle, morì per il dolore. Allora Dioniso, che tanto aveva amato la giovane, decise di rendere eterno il suo ricordo e la trasformò in un albero di noce.
Ingredienti
200 g noci
75 g noci pecan
150 g zucchero di canna
1 uovo
1 cucchiaino di lievito vanigliato
Preparazione
Frullare finemente in un robot da cucina le noci. Aggiungere il lievito e mescolare.
Battere a lungo lo zucchero con l'uovo fino ad avere un composto gonfio e spumoso.
Usare rigorosamente lo zucchero di canna! Con quello raffinato, il composto verrebbe meno denso e questo renderebbe difficile (se non impossibile) la successiva lavorazione.
Usare rigorosamente lo zucchero di canna! Con quello raffinato, il composto verrebbe meno denso e questo renderebbe difficile (se non impossibile) la successiva lavorazione.
Unire, quindi l'uovo e lo zucchero alle noci frullate. L'impasto risulterà un po' appiccicoso.
Quindi con un cucchiaino prelevare il composto e con le mani formare delle palline grandi più o meno come una noce. Posarle sulla leccarda foderata con la carta da forno.
Lasciare un po' di spazio tra un biscotto e l'altro, in quanto durante la cottura tenderanno ad allargarsi.
Adagiare sulla sommità un pezzettino di noce, dando una leggera spinta verso il basso per farlo incastrare bene nel biscotto.
Infornare a 170° (ventilato) per 12 minuti circa. Se non si è sicuri della cottura, con una spatola sollevare delicatamente un biscotto per verificarne il fondo. Se è bruno il biscotto è cotto.
Far freddare prima di consumare.
lunedì 30 maggio 2016
Torta fredda yogurt e Nutella
Descritto da Aristotele, Senofonte, Erodoto e Plinio, conosciuto da sempre presso le popolazioni orientali, lo yogurt ha origini antichissime.
È opinione comune che la sua origine risalga ad almeno 4000 anni fa.
La culla dello yogurt è localizzata nell’Europa orientale, da dove le popolazioni nomadi e i commercianti l’hanno poi introdotto in quella occidentale. L’origine caucasica dello yogurt si ritrova anche nella sua etimologia: in turco, infatti, il verbo yoğurmak, significa "impastare o mescolare".
Grazie agli intensi scambi commerciali e militari del bacino del Mediterraneo, lo yogurt si diffuse ben presto anche tra Fenici, Egizi, Sumeri, Greci e Romani. Il medico greco Galeno ne parla diffusamente in una sua opera, attribuendogli sicure capacità benefiche per il fegato e lo stomaco.
Anche il suo impiego in cucina risale ai tempi antichi. Nelle novelle de “Le Mille e una Notte” è presente come base per banchetti regali, mentre i primi libri arabi di ricette vedono la descrizione di diversi piatti a base di yogurt.
La storia moderna e scientifica dello yogurt inizia con la fine dell’ottocento, quando viene isolato il Lactobacillus Bulgaricus, responsabile del processo di fermentazione che permette la trasformazione del latte in yogurt.
Ingredienti
200 gr di Pavesini
80 gr di burro
250 gr di yogurt greco magro
250 gr di panna fresca liquida
70 gr di zucchero a velo
300 gr di Nutella
Preparazione
Tritare finemente nel mixer i biscotti (tutti tranne 4-5). Sciogliere il burro a bagnomaria o nel microonde.
Mescolare i due ingredienti in una ciotola e fare amalgamare molto bene.
Su una tortiera di circa 24 cm di diametro foderata con della carta da forno, stendere e pressare bene con le dita il composto fino a renderlo molto compatto e ben livellato.
Sciogliere a bagnomaria la Nutella. Evitare di immergere direttamente nell'acqua il pentolino dov'è la Nutella, meglio tenerlo un po' sollevato.
Stendere la cioccolata così ammorbidita sulla base di biscotti e burro. Conservarne due tre cucchiaiate per le decorazioni finali.
Mettere lo yogurt greco in una ciotola.
Montare la panna molto bene con lo zucchero a velo. Unirla allo yogurt mescolando delicatamente con movimenti dal basso verso l'alto.
Versare il composto di panna e yogurt sopra lo strato di Nutella.
Sbriciolare i Pavesini rimasti e distribuirli sulla superficie della torta.
Completare con qualche riga di Nutella fatta colare con il cucchiaio sulla superficie della torta (e qui me ne è colata un po' troppa ahimè!)
È opinione comune che la sua origine risalga ad almeno 4000 anni fa.
La culla dello yogurt è localizzata nell’Europa orientale, da dove le popolazioni nomadi e i commercianti l’hanno poi introdotto in quella occidentale. L’origine caucasica dello yogurt si ritrova anche nella sua etimologia: in turco, infatti, il verbo yoğurmak, significa "impastare o mescolare".
Grazie agli intensi scambi commerciali e militari del bacino del Mediterraneo, lo yogurt si diffuse ben presto anche tra Fenici, Egizi, Sumeri, Greci e Romani. Il medico greco Galeno ne parla diffusamente in una sua opera, attribuendogli sicure capacità benefiche per il fegato e lo stomaco.
Anche il suo impiego in cucina risale ai tempi antichi. Nelle novelle de “Le Mille e una Notte” è presente come base per banchetti regali, mentre i primi libri arabi di ricette vedono la descrizione di diversi piatti a base di yogurt.
La storia moderna e scientifica dello yogurt inizia con la fine dell’ottocento, quando viene isolato il Lactobacillus Bulgaricus, responsabile del processo di fermentazione che permette la trasformazione del latte in yogurt.
Ingredienti
200 gr di Pavesini
80 gr di burro
250 gr di yogurt greco magro
250 gr di panna fresca liquida
70 gr di zucchero a velo
300 gr di Nutella
Preparazione
Tritare finemente nel mixer i biscotti (tutti tranne 4-5). Sciogliere il burro a bagnomaria o nel microonde.
Mescolare i due ingredienti in una ciotola e fare amalgamare molto bene.
Su una tortiera di circa 24 cm di diametro foderata con della carta da forno, stendere e pressare bene con le dita il composto fino a renderlo molto compatto e ben livellato.
Fare riposare in frigorifero almeno per una mezz'ora.
Sciogliere a bagnomaria la Nutella. Evitare di immergere direttamente nell'acqua il pentolino dov'è la Nutella, meglio tenerlo un po' sollevato.
Stendere la cioccolata così ammorbidita sulla base di biscotti e burro. Conservarne due tre cucchiaiate per le decorazioni finali.
Mettere lo yogurt greco in una ciotola.
Montare la panna molto bene con lo zucchero a velo. Unirla allo yogurt mescolando delicatamente con movimenti dal basso verso l'alto.
Versare il composto di panna e yogurt sopra lo strato di Nutella.
Sbriciolare i Pavesini rimasti e distribuirli sulla superficie della torta.
Completare con qualche riga di Nutella fatta colare con il cucchiaio sulla superficie della torta (e qui me ne è colata un po' troppa ahimè!)
Tiella barese

Tornata a casa ho cercato in giro qualche lume e, come al solito, ho preso un po' quà un po' là e ho tirato fuori la mia interpretazione (piuttosto fedele all'originale barese).
Ed è talmente gustosa che ogni volta che prendo le cozze la faccio.
Consiglio di usare il riso parboiled perchè non scuoce e i chicchi restano ben separati, mentre la ricetta originale prevede l'uso di una tipologia di riso più "mantecante" (tipo Roma o Carnaroli). Dipende un po' dai gusti personali.
Ingredienti
600 gr di patate
300 gr di riso parboiled
1 kg di cozze
400 gr di cipolle
600 gr di pomodori pelati
1 mazzetto di prezzemolo
1 spicchio di aglio
olio
Preparazione
Pulire bene le cozze, togliendo la barbetta e poi grattandole bene con un coltello affilato o una paglietta di metallo.
Sciacquare bene e metterle in una padella capiente con il coperchio. Cuocere fino ad apertura delle valve.
Sbucciare e affettare con la mandolina le patate e le cipolle. Tagliare a pezzettoni i pelati.
Preparare il trito di aglio e prezzemolo.
Scolare le cozze, filtrare le loro acqua di cottura e conservarla. Privarle della metà del guscio dove non c'è il mollusco.
Ungere leggermente il fondo di una pirofila. Stendere la metà delle patate in uno strato sovrapponendole leggermente. Distribuire sopra la metà delle cipolle e poi la metà dei pomodori.
Spolverizzare con il trito di aglio e prezzemolo e completare con un giro di olio.
A questo punto disporre tutte le cozze una a fianco a l'altra con il mollusco verso l'alto. Se ne avanzassero, togliere il guscio e distribuirle insieme alle altre.
Coprire con il riso coprendo bene tutti gli spazi e riempiendo i gusci. Salare pochissimo.
Terminare stendendo le restanti cipolle, i pomodori e chiudere con le patate e un altro giro di olio.
Prendere il liquido di cottura delle cozze già filtrato e delicatamente farlo colare in un angolo della tiella. Probabilmente non basterà a coprire il riso (si può vedere inclinando leggermente la tiella) e quindi aggiungere un poco di acqua.
Informare a 200 gradi per 40 minuti, tenendo coperta la tiella con un foglio di alluminio per i primi 10 minuti. Poi scoprire e gli ultimi 10 minuti avvicinare alla parte alta del forno per far grigliare le patate. Prima di chiudere il forno controllare, sempre inclinando leggeremente la tiella, che non ci sia più acqua al suo interno. Altrimenti proseguire la cottura per qualche altro minuto magari riportando la tiella verso il basso per evitare di far bruciare le patate.
Prima di servire far riposare fuori dal forno per una decina di minuti.
giovedì 5 maggio 2016
Muffin alle fragole
La fragola è un frutto originario delle zone alpine. Il vero frutto sono i semini che vediamo sulla superficie, mentre la parte rossa è un’infiorescenza.
Secondo un’antica leggenda quando Marte scoprì che Venere era innamorata del giovane Adone si trasformò in toro e uccise il rivale. Le lacrime di Venere sul corpo insanguinato dell’innamorato diedero origine a piccoli frutti a forma di cuori rossi, le fragole.
Ingredienti
(per circa 10/12 muffin)
130 gr di farina 00
14 fragole circa
150 gr di zucchero a velo
75 gr di latte intero
75 gr di burro
2 uova
1 bustina di vanillina
1/2 bustina di lievito per dolci
1 pizzico di sale
200 gr di panna
Preparazione
Tenere il burro a temperatura ambiente per un’oretta, per farlo ammorbidire bene.
Setacciare la farina, il lievito, il sale e la vanillina insieme.
In una ciotola battere molto bene, con la frusta elettrica il burro, aggiungere lo zucchero a velo e continuare a battere fino a far diventare il composto soffice e spumoso (almeno 5 minuti).
Aggiungere le uova, amalgamandole bene una alla volta.
Unire quindi la farina setacciata, anche questa un po’ alla volta.
Poi aggiungere il latte.
Fare a pezzetti (non troppo grandi) 10 fragole (conservare le altre 4 per la decorazione), passarle in un po’ di farina e unirle al composto.
Amalgamare bene con una spatola.
Infornare nel forno caldo a 180° per circa 20/25 minuti.
A cottura ultimata far raffreddare i muffin, quindi scartarli dal loro pirottino e decorarli con un ricciolo di panna e qualche pezzo di fragola.
lunedì 28 marzo 2016
Caponata di carciofi
Carciofo dall'arabo al-kharshuf che significa pianta spinosa, selvatica.
La mitologia racconta che Giove si invaghì della bellissima ninfa Cynara. Non essendo corrisposto, stufo e sconsolato, Giove, in un momento d’ira, trasformò Cynara in un carciofo verde e spinoso come il carattere dell’amata.
Al pungente ortaggio restò il colore verde e violetto degli occhi della Ninfa e il cuore (il suo interno) tenero.
Il carciofo era apprezzato dagli antichi Romani e dai Greci. L'ortaggio che mangiavano i nostri avi, non è uguale a quello che troviamo oggi nelle nostre tavole. A quei tempi esisteva la specie selvatica, più dura, piccola e spinosa.
Ma cos’è esattamente il carciofo?
Dal punto di vista botanico non è frutto, né fiore, ma è l’infiorescenza di una pianta alta circa un metro e mezzo, con lunghe foglie lanceolate e pendenti dal colore verde spento. Tagliato a metà si evidenziano all’interno le parti che lo costituiscono: i fiori ancora immaturi, così compatti che è difficile distinguerli, e che rappresentano la parte più tenera e buona, il “cuore” del carciofo. L’insieme dei fiori, è coronato dal “pappo”, un ciuffetto di peli bianchicci, che vengono definiti “fieno interno” o “barba” e che va asportato.
La terza parte, che racchiude le prime due, sono le “brattee”, cioè foglie modificate, sovrapposte una all’altra, di colore verde con sfumature violacee.
Nel linguaggio corrente vengono chiamate “foglie”. Sono molto dure, come del resto dice il nome che deriva dal latino bractea, ovvero lamina di metallo. Solo la base delle brattee più interne, è tenera e commestibile.
Commestibile è anche la parte del gambo, i 3-4 centimetri sotto il cuore, purché opportunamente pulita.
Se il carciofo non viene raccolto prima, dal suo centro si innalza un fiore violetto tenero, con sfumature lilla.
Questi fiorellini servivano per far cagliare il latte nella produzione di formaggio. E tutt'ora c'è chi ancora adopera questa antica pratica.
Ed ecco la ricetta.
IngredientiLa mitologia racconta che Giove si invaghì della bellissima ninfa Cynara. Non essendo corrisposto, stufo e sconsolato, Giove, in un momento d’ira, trasformò Cynara in un carciofo verde e spinoso come il carattere dell’amata.
Al pungente ortaggio restò il colore verde e violetto degli occhi della Ninfa e il cuore (il suo interno) tenero.
Il carciofo era apprezzato dagli antichi Romani e dai Greci. L'ortaggio che mangiavano i nostri avi, non è uguale a quello che troviamo oggi nelle nostre tavole. A quei tempi esisteva la specie selvatica, più dura, piccola e spinosa.
Ma cos’è esattamente il carciofo?
Dal punto di vista botanico non è frutto, né fiore, ma è l’infiorescenza di una pianta alta circa un metro e mezzo, con lunghe foglie lanceolate e pendenti dal colore verde spento. Tagliato a metà si evidenziano all’interno le parti che lo costituiscono: i fiori ancora immaturi, così compatti che è difficile distinguerli, e che rappresentano la parte più tenera e buona, il “cuore” del carciofo. L’insieme dei fiori, è coronato dal “pappo”, un ciuffetto di peli bianchicci, che vengono definiti “fieno interno” o “barba” e che va asportato.
La terza parte, che racchiude le prime due, sono le “brattee”, cioè foglie modificate, sovrapposte una all’altra, di colore verde con sfumature violacee.
Nel linguaggio corrente vengono chiamate “foglie”. Sono molto dure, come del resto dice il nome che deriva dal latino bractea, ovvero lamina di metallo. Solo la base delle brattee più interne, è tenera e commestibile.
Commestibile è anche la parte del gambo, i 3-4 centimetri sotto il cuore, purché opportunamente pulita.
Se il carciofo non viene raccolto prima, dal suo centro si innalza un fiore violetto tenero, con sfumature lilla.
Questi fiorellini servivano per far cagliare il latte nella produzione di formaggio. E tutt'ora c'è chi ancora adopera questa antica pratica.
Ed ecco la ricetta.
6 carciofi
2 coste di sedano
2 cucchiai di capperi salati
4 cipolle rosse di Tropea
75 gr. olive verdi denocciolate
75 gr. olive nere denocciolate
un pugnetto di prezzemolo fresco
4 cucchiai di salsa di pomodoro
olio extra vergine d'oliva
un pugnetto di prezzemolo fresco
4 cucchiai di salsa di pomodoro
olio extra vergine d'oliva
sale q.b.
2 tazzine da caffè d'aceto di mele (in alternativa anche l'aceto bianco va bene)
4 cucchiaini di zucchero
Preparazione
Pulire i carciofi togliendo le foglie esterne. Tagliarli a metà, togliere l'eventuale peluria e metterli in ammollo con acqua e limone.
Sbucciare e affettare le cipolle, farle appassire a fuoco basso con abbondante olio in una padella capiente. Mescolare spesso.
Dissalare i capperi in acqua tiepida e tenere da parte. Denocciolare le olive e mettere da parte.
Lavare i gambi di sedano, levare i filamenti e tagliare a pezzetti non troppo sottili.
Sbollentare il sedano in acqua leggermente salata fino a cottura (morbido, ma non troppo).
Sbollentare il sedano in acqua leggermente salata fino a cottura (morbido, ma non troppo).
Preparare un soffritto di olio, aglio e prezzemolo tritato. Affettare e trifolare i carciofi nel soffritto a fuoco basso, sino a che saranno morbidi (aggiungendo poca acqua quando serve). Eliminare l'aglio.
In una tazza versare le tazzine da caffè di aceto di mele, lo zucchero e mescolare.
Nella padella con le cipolle già appassite, aggiungere il sedano, i capperi, la salsa di pomodoro, le olive e l'aceto con lo zucchero, aggiustare di sale (poco) e lasciare cuocere, a fuoco bassissimo, per un paio di minuti, mescolando.
Aggiungere i carciofi, mescolare molto delicatamente e cuocere, tutto insieme, per un altro paio di minuti.
Aggiungere i carciofi, mescolare molto delicatamente e cuocere, tutto insieme, per un altro paio di minuti.
Consumare fredda, meglio il giorno dopo.
Iscriviti a:
Post (Atom)